5 domande sui giovani neolaureati e l’IT

universitaL’altro giorno ricevo via mail il cv di un giovane laureato. Un anno e mezzo di esperienza nel campo IT e poco più, il cv ? un disastro.

Nessuna notizia utile, una paginetta scarsa contenente più che altro dati anagrafici e di poco valore.
Mi sono cascate le braccia e sono andato a rileggermi il post di febbraio di quest’anno dove mi permettevo di dare qualche consiglio ai neo laureati .

Evidentemente il candidato in questione non aveva letto il mio post ! 🙂

Negli stessi giorni mi capitava di leggere le indicazioni dell’ISTAT sul mondo del lavoro (istat università e lavoro 2009 ) una sorta di guida al mondo del lavoro partendo dai dati statistici dei giovani laureati degli ultimi anni. Tra i vari elementi che mi colpivano, il dato secondo cui a tre anni dall’ingresso nel mondo del lavoro il livello salariale dei laureati in ingegneria è ancora differenziato per sesso mi lasciava basito. Ma come ? A tre anni dalla fine dell’università ? Nel mio piccolo non avevo mai percepito questa differenza ad inizio carriera.

Insomma, con questi argomenti per la testa, mi è venuta la voglia di conoscere come la pensavano nel nostro ambiente (l’IT italico) gli addetti ai lavori. Detto fatto, ho chiesto ad una serie di contatti di rispondere a 5 semplici domande sui giovani e l’IT. Alcuni lo hanno già fatto con grande velocità e gentilezza, altri lo farannno ed altri ancora non lo faranno proprio (“è il bello del web, ragazzi”).

Terrò aggiornato il post con le varie risposte che man mano mi arriveranno. Naturalmente i commenti sono aperti per raccogliere anche i vostri suggerimenti o esperienze dirette !

Le domande:

Domanda 1
Se dovessi dare un solo consiglio al neolaureato che sta impostando il proprio CV per il primo colloquio su cosa ti focalizzeresti ?

Gaspar Torriero – Director – Networking at sayIT SA

L’idea che un candidato debba preparare un solo curriculum per tutte le aziende a cui chiedere lavoro, è molto comoda per il candidato ma è sbagliata. Se dovessi dare un solo consiglio riguardo al CV, direi: personalizzalo in base all’azienda a cui ti rivolgi.

Pier Carlo Pozzati – Ingegnere Elettronico, Presidente della Federazione Club IN www.clubin.biz

Non usare il formato del CV cosiddetto “europeo”. E’ standardizzato, noioso, troppo prolisso e non permette di emergere. Quando ho visto un cv “europeo” la mia tentazione è sempre stata di cestinare. Un po’ di fantasia, caspita!

Alessandro Depase – Software Architect, PM, IT Manager and Consultant

Evidenziare l’interesse e la flessibilità, non necessariamente le conoscenze tecnologiche o di processo: queste ultime variano sempre, per poter stare al passo e poter ancora essere al top, servono le prime due. Serve mostrare che si è fatto qualcosa perchè ci piaceva, perchè facendolo ce lo siamo fatti piacere, ci siamo entrati con tutte le scarpe. Serve mostrare che non abbiamo problemi a cambiare, a continuare ad imparare, che abbiamo imparato ad imparare.

Gianluigi Cogo – Innovation Manager and Technology Transfer Advisor

Sulle capacità di relazionarsi.
Capisco che un giovane non possa avere nel suo curriculum esperienze di relazioni forti come quelle Reali”, ma quelle “digitali” se ben contestualizzate, vanno indicate.
Oggi Team Leader e Project leader si può fare anche in digitale.
Quindi indicherei anche la propensione a socializzare per creare n buon “clima organizzativo” e uno spirito di “gruppo” che, oggi sono più importanti degli skill specifici. Dopo questa premessa (condita dall’indicazione del profilo Linkedin) enuncerei gli skill e i grades!

Andrea Beggi – Sistemista

Un minimo di personalizzazione: spiegare perché la propria figura potrebbe essere utile proprio a quella particolare azienda e quali sono i motivi per i quali il canditato vorrebbe lavorare per l’azienda.
(Che poi sia fuffa perché di questi tempi si cerca un lavoro basta che sia un lavoro, siamo tutti d’accordo, ma è positivo dimostrare intraprendenza.)

Sul fatto di non usare il cv europeo, ho i miei dubbi. Mi metto dalla parte delle aziende ed avere un riferimento preciso sull’ordine di presentazione delle informazioni e sul fatto che alcune informazioni siano sempre presenti rimane un bel vantaggio. Si perderà un po’ di spontaneità, questo è vero, ma si spera che il giovane si concentri sui contenuti.

D’accordissimo sull’evidenziare le capacità di relazionarsi e di potersi appassionare a quello che si è fatto.

Domanda 2
Dal punto di vista tecnico quale tecnologia / linguaggio non dovrebbe mai mancare nel cv di una persona dell’IT italiano ?

Gaspar Torriero – Director – Networking at sayIT SA

Non credo ci sia una sola risposta. Viva la specializzazione.

Pier Carlo Pozzati – Ingegnere Elettronico, Presidente della Federazione Club IN www.clubin.biz

Dipende. In ogni caso, oggi, è banale dirlo, occorre conoscere internet e tutto ciò che tecnologicamente ruota attorno ad essa.

Alessandro Depase – Software Architect, PM, IT Manager and Consultant

Qualsiasi risposta a questa domanda sarebbe in contrasto con la mia precedente risposta.
Semmai direi che è sempre importante capire cosa interessa in un certo momento ed in un certo luogo all’IT, mediato con gli interessi di chi deve scrivere il cv.
Obiettivo molto difficile da raggiungere per un neolaureato (che pensa che ciò che è interessa è ciò che gli hanno appena finito di insegnare all’Università). Difficile anche per chi si focalizza troppo su un singolo argomento/area.
Forse sarebbe meglio dire che non dovrebbe mai mancare una delle nuove tecnologie di maggior interesse in quel momento, in aggiunta a quelle più diffuse negli ultimi anni e già consolidate.

Cercando di essere più pratici e di uscire da una risposta che, anche rapportata al mio cv, sarebbe, comunque, da “vendere” durante un colloquio, direi che, ancora oggi, quando vaglio risorse, ricerco, a seconda dei ruoli (e non in ordine di importanza):
– conoscenze significative (non necessariamente top) di uno dei due maggiori linguaggi/ambienti oggi sul mercato (Java, .NET)
– comprensione delle problematiche architetturali (a diversi livelli ed in senso generico – con un aiuto alla progettazione fornito dai vari Design Patterns)
– potrebbe essere (ancora?) importante conoscere le architetture di base del Web (nota: non i protocolli, ma la logica sottostante)
– conoscenza di database (progettazione, comprensione della struttura, sql – reali, non teorici: Oracle, SQLServer, PostgreSQL, …)
– …

Se non mi fermi tu, mi fermo io: una risposta lineare a questa domanda io non la conosco.

Gianluigi Cogo – Innovation Manager and Technology Transfer Advisor

Oggi è importante capire le tendenze in atto. Quindi Soa e Cloud sono i due paradigmi di riferimento. Più nel dettaglio XML e Java, Perl, Python per il cloud.
Ma non disdegno affatto la conoscenza di una buona progettazione di Business Mash-up e quindi la capacità di costruire sopra le API aperte dei Social Media e Social Network.

Andrea Beggi – Sistemista

Le tecnologie e i linguaggi vanno e vengono, al di là delle mode del momento, è più importante dimostrare interesse, voglia di imparare e di intraprendere nuove strade. Essere aperti al cambiamento e avere una visione chiara del mondo IT. Senza contare che, secondo me, dipende molto dal tipo di tecnologie in uso all’interno dell’azienza, che a volte possono essere totalmente diverse le une dalle altre.

La domanda era troppo vaga è vero. Ad essere sinceri come dice Gigi anche io mi aspettavo dalle ultime “nidiate” di laureati una conoscenza maggiore di Social Network ma soprattutto delle varie possibilità offerte dalle API agganciate. Fino ad oggi sono rimasto un po’ deluso …

Domanda 3
In Italia è idea comune che le aziende non vogliano investire nella carriera dei propri giovani tecnici, spesso si sente dire che al tecnico in Italia saranno sempre inibite le posizioni manageriali mentre all’estero è tutto un altro cinema. Per tua esperienza è veramente così ?

Gaspar Torriero – Director – Networking at sayIT SA

Non saprei. A naso direi di no.

Pier Carlo Pozzati – Ingegnere Elettronico, Presidente della Federazione Club IN www.clubin.biz

Purtroppo in Italia è indiscutibilmente così, anche se ci sono chiaramente tante eccezioni (ed io sono stato, per mia fortuna, una di quelle).
Da noi, purtroppo, ci sono culture ‘figlie di un dio minore.’ Dichiararsi “ignoranti in matematica” suscita quasi simpatia…. non è da “veri ignoranti”. Ve lo immaginate il Presidente della Repubblica che afferma: “sono completamente ignorante in Italiano”…. oppure che fa la stessa affermazione riguardo alla matematica?
Purtroppo la cultura cosiddetta “umanistica” è ancora considerata LA cultura a dispetto di tutte le altre. E questo spiega perchè nel nostro paese si fatica a tradurre delle ottime idee in altrettanto ottime soluzioni. Una provocazione: se in Parlamento avessimo l’80% di ingegneri, in due anni avremmo risolto l’80% dei problemi del nostro Paese!

Alessandro Depase – Software Architect, PM, IT Manager and Consultant

Assolutamente sì (anche se non ovunque: sto facendo un discorso medio).
Nonostante la mia (e di pochi altri che conosco) personale carriera mostri (parzialmente, almeno) il contrario, è verissimo che si scoraggia questa impostazione.
Forse non per volontà, ma per incapacità di vedere le cose in altro modo. Forse per poca preparazione in questo senso da parte di alcuni manager.

In Italia, per essere tecnici e manager di alto livello, bisogna:
1. crederci fortemente
2. capire che le richieste sono altre e cercare di non chiudersi in un guscio solo tecnico, ma seguire tutte le strade possibili
3. andare contro le impostazioni ‘naturali’ di certe aziende

I punti 1 e 2 sono fondamentali per ottenere più facilmente il punto 3:
– crederci è necessario per continuare ad approfondire questioni tecniche, anche quando stai più organizzando altri o gestendo progetti, che progettando o sviluppando
– non rimanere solo tecnico è essenziale perchè, se mi permetti una immagine iperbolica (da intendersi come rivolta esclusivamente ad un pubblico adulto e tecnico), è necessario capire che le persone, le loro esigenze e necessità, l’organizzazione del progetto e i soldi che da questo ritornano, fanno parte della nostra architettura software e dei bug che dobbiamo risolvere.

Raggiunti i punti 1 e 2, come dicevo, il punto 3 diventa quasi una passeggiata, nonostante le premesse.

Gianluigi Cogo – Innovation Manager and Technology Transfer Advisor

Si, abbastanza. Questo perché le Università di Informatica sono troppo cristallizzate sulle tecnologie (sistemi, programmazione e analisi) mentre bisognerebbe insegnare ITIL, Project management e Knowledge Management

Andrea Beggi – Sistemista

E’ difficile farsi pagare la formazione, spesso è la prima voce del budget che viene sacrificata. Tanto chi fa il nostro mestiere ha la passione che lo spinge a imparare comunque, e molte volte le aziende ci marciano.

Discorso intrigante da approfondire.

Domanda 4
Nell’edizione 2009 di Università e Lavoro dell’ISTAT viene riportato che nel 2007 il reddito medio netto a poco più di tre anni dal conseguimento del titolo è pari a 1300 euro, in particolare nel Gruppo ingegneria la media è di 1.466 euro. Il fatto su cui riflettere è che c’è ancora una differenza tra l’uomo ingegnere (1486 euro) e la donna ingegnere (1376 euro).
A me ha sorpreso questa distinzione di reddito a 3 anni dalla laurea, tu cosa ne pensi ?

Gaspar Torriero – Director – Networking at sayIT SA

Non mi sorprende. Le donne sono discriminate sul lavoro, in Italia più che altrove.

Pier Carlo Pozzati – Ingegnere Elettronico, Presidente della Federazione Club IN www.clubin.biz

Più che sulla differenza tra colleghi uomini e donne, fattore noto, purtroppo, mi concentrerei su un dato ancor più grave. Un ingegnere a tre anni dalla Laurea, in genere, ha responsabilità tecniche importanti e non se ne rende conto. I giovani ingegneri calcolano, progettano, programmano…. sono abituati a lavorare parecchie ore al giorno perchè è l’università che li ha formati così.
Ma la loro professionalità non è valorizzata e così purtroppo, i trattamenti economici non sono adeguati.
Non è accettabile per la nostra società che una figura professionale che ha alle spalle anni di studi e tre anni di lavoro percepisca uno stipendio paragonabile a quello di figure non qualificate (1376 euro!). E’ una spirale maledetta che svalorizza le professioni tecniche, sposta i margini verso altre figure, rendendo il lavoro di chi “fa funzionare le cose” sempre più difficile.
Certo gli ingegneri non possono aspettarsi che siano altri a risolvere questa questione… devono avere più consapevolezza, orgoglio e senso di appartenenza…

Alessandro Depase – Software Architect, PM, IT Manager and Consultant

Con una moglie ingegnere informatico, che fa il mio stesso lavoro e che lavora ad altissimi livelli, direi che è vero che, in alcuni casi, si scoraggiano le donne a fare questo mestiere, forse fin dall’Università.
La mia esperienza è che questo non derivi tanto dalle aziende o dai manager, quanto piuttosto dai clienti che valutano, aprioristicamente, una donna meno di un uomo (atteggiamento forse talvolta evidenziato anche dalla difficoltà nell’uso del titolo: chiamate ‘signora’ e ‘signorina’, raramente ‘dottoressa’, quasi mai ‘ingegnere’) o dai colleghi, che, talvolta, non sopportano, ancora oggi, di vedere una donna che li gestisca.

Resto, comunque, stupito come te per questo valore medio nei primi 3 anni: per quella che è la mia esperienza, mi aspetterei di vedere più vicini, se non identici, questi valori, in un periodo iniziale: gli effetti di cui parlavo sopra riguardano soprattutto l’evoluzione della carriera (e sempre parlando in termini medi: in valore assoluto le donne riescono a raggiungere le stesse posizioni e le stesse retribuzioni, per quanto mi capita di vedere).

Gianluigi Cogo – Innovation Manager and Technology Transfer Advisor

Purtroppo c’è una forbice a prescindere dal sesso. Nell’IT viene remunerata di più la figura commerciale e l’account manager che supera ogni anno il forecast attribuito. Penso, addirittura, che gli stipendi tecnici subiranno un ulteriore diminuzione a causa del cloud e della concorrenza asiatica.

Andrea Beggi – Sistemista

E’ una schifezza.

Io lo rimarco anche qui. Per quello che ho potuto constatare in prima persona il livello d’ingresso mi è sempre sembrato lo stesso. E’ chiaro però che l’ISTAT per definizione guarda l’intero Paese e quindi è probabile che in altri scenari la situazione sia diverso. Il concetto di fondo discriminante tra laureato donna e laureato uomo rimane veramente assurdo.

Domanda 5
Un consiglio spassionato per i giovani su come affrontare il primo giro di colloqui di lavoro.

Gaspar Torriero – Director – Networking at sayIT SA

Non presentarsi impreparati. Documentarsi dettagliatamente sull’azienda con cui si affronterà il colloquio.
Studiarsi il caso di Simone Brunozzi con Amazon e farne tesoro. Siamo nell’era di Google!

Pier Carlo Pozzati – Ingegnere Elettronico, Presidente della Federazione Club IN www.clubin.biz

Andate rilassati e ripetetevi che “ce la potete fare” 🙂

Alessandro Depase – Software Architect, PM, IT Manager and Consultant

Non esagerate mai, non mentite sulle vostre capacità, mostrate cosa sapete davvero fare e dite cosa vi interessa veramente fare.
L’azienda vi sta facendo un colloquio per valutare le vostre capacità, ma anche voi state facendo un colloquio all’azienda per vedere se vi interessa lavorare lì: vi deve piacere, se dovete passarci qualche anno di vita.
Chi vi colloquia sa che non avete esperienza, quindi si concentrerà su argomenti base, in una situazione normale, valutando più quello che potete rendere in prospettiva, piuttosto che quello che sapete in quel momento.
Se pensate che vi stiano chiedendo cose per cui serve un’esperienza che non avete, le possibilità sono due:
1. stanno sbagliando a farvi il colloquio (possibile, ma più raro: se capita in due colloqui di fila, considerate seriamente il punto 2)
2. forse quello che vi stanno chiedendo non richiede l’esperienza che voi immaginate, ma o è veramente basico o stanno cercando di capire come ragionate.

E ricordatevi che durante un colloquio si possono imparare parecchie cose, sia per il prossimo colloquio, che per il resto della vostra carriera.

Gianluigi Cogo – Innovation Manager and Technology Transfer Advisor

Passione, sincerità, entusiasmo.

Andrea Beggi – Sistemista

Informale ma ordinato: lo sanno tutti che i tecnici girano senza cravatta. Cercare di essere tranquilli, non dire balle mai, ascoltare molto e cercare di capire bene di cosa ha bisogno l’azienda che abbiamo davanti: non tutti sono adatti per tutti i lavori.

Aggiungo l’inglese: è *fondamentale*. Una perfetta comprensione dei testi tecnici scritti e una buona capacità espressiva orale sono presupposti indispensabili per fare bene il nostro lavoro.

A mio avviso queste risposte hanno dipinto un panorama variegato ed interessante, ai neolaureati l’onere di ascoltare queste voci e trarne alcuni spunti di riflessione prima di scrivere ed inviare il proprio CV.

Alla prossima.

Massimiliano Grassi

Photo by zanganassa

5 thoughts on “5 domande sui giovani neolaureati e l’IT

  1. bè sinceramente credo che più che come è scritto il cv a livello formale, contino molto di più le esperienze pratiche e il livello di studio. questo ve lo dice una persona che lavora e che nel frattempo sta studiando (economia all’unisu) per trovare una posizione migliore. ho fatto tanti colloqui e alla fine ho capito che ciò che conta non è la forma, ma la sostanza!

  2. Certo Giulia che conta la sostanza. Nessuno lo nega.

    E’ indubbio però che un cv scritto bene (e per bene intendo con tutte le informazioni necessarie al posto giusto) attira subito l’attenzione del selezionatore.
    Al contrario se il tuo cv non colpisce positivamente può essere che la possibilità di un colloquio si riduca drasticamente.

  3. Concordo pienamente con Massimiliano.

    Assolutamente la sostanza in sede di assunzione è il fattore che deve contare maggiormante.

    Ma credimi quando un selezionatore si trova sulla scrivania cinquanta CV da vagliare, che nel caso di neo-laureati non si discostano molto nella sostanza, la forma ha la sua importanza.

    Devi pensare che il CV è il primo strumento a tua disposizione per cercare di colpire l’attenzione, quindi perchè non usare nel migliore dei modi possibili quest’arma?

    Io di fronte a un CV scritto male mi chiedo se la persona è veramente interessata al lavoro, con che metodo lavora se non è in grado di organizzare 3 paginette con cui presentarsi, poi magari dopo il colloquio mi posso ricredere, ma diciamo che non parte decisamente con il piede giusto.

  4. Un CV scritto bene serva molto: ricordiamoci che è la prima vetrina per proporsi al mondo del lavoro.
    Personalmente ho cambiato modo di scrivere il CV in base al layout con cui volevo proporre le informazioni.
    Il CV europeo propone una logica basilare per aiutare il lettore/selezionatore nel cercare le informazioni che servono: ma non è la bibbia.
    Mi sono aiutato vedendo altri CV o prendendo spunto da articoli letti sui giornali o riviste o libri: guardarsi intorno e cercare in qualsiasi fonte è fondamentale; ma dando sempre una propria impronta, un proprio marchio di fabbrica. Le scelte sono infinite, il solo limite è la propria fantasia.
    Avere poi occhio critico su quello che si scrive e si presenta, serve anche per suscitare, come dice Marco, quell’interesse per il selezionatore verso il proprio profilo.

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